Pescatori di Mazara abbandonati dallo Stato italiano
Ci sono due cose che lo Statuto siciliano affida senza ombra di dubbio in maniera esclusiva allo Stato italiano: difesa e esteri. La questione dei pescatori di Mazara del Vallo deve partire da questo postulato.
Per quanto l’Autonomia siciliana scritta sulla carta (o sulla sabbia?) nel 1946, come compenso della perduta indipendenza, abbia definito un rapporto di tipo confederale tra Stato e Regione, in cui quest’ultima non rinuncia alla propria sovranità ma la condivida con lo Stato, ci sono limiti che essa non può superare. Su queste due cose i Siciliani si devono fidare dell’Italia, per ora non c’è niente da fare.
Vediamo se questa fiducia è ben riposta.
Gli esteri e la difesa riguardano un tema che l’irenismo globalista non vuole trattato: i confini.
Non c’è stato senza territorio e sovranità esercitata su quel territorio. Il concetto di sovranità non è esclusivo, cattivo, brutto,… La sovranità qualcuno la esercita. Se non la eserciti tu la esercita un altro al posto tuo. Il pacifismo remissivo del Governo italiano non crea un “mondo più giusto” alla Imagine, ma semplicemente attribuisce a stati (e banditi) che si attribuiscono la signoria sul nostro mare di sequestrare i pescatori di Mazara e i loro pescherecci, di accusarli di essere nientemeno che trafficanti di droga… e di tenerli come ostaggi per chiedere in cambio la liberazione dei trafficanti, quelli veri, di esseri umani!
Questo non significa, naturalmente, che i pescatori siciliani, i pescatori di una delle marinerie più importanti al mondo, possono pescare “dove vogliono”, incuranti della loro sicurezza e degli impegni che, loro malgrado, lo Stato italiano ha preso sulle loro teste.
I pescatori siciliani devono prendere consapevolezza di essere prima di tutto “sudditi” di uno stato che si disinteressa delle loro vite, considerandole una questione secondaria. È in questo contesto che dobbiamo muoverci; un contesto in cui lo Stato italiano ha rinunciato, per conto nostro, ai confini marittimi naturali della Sicilia.
La Libia ha determinato unilateralmente (quando esisteva uno stato libico), un’ampia zona esclusiva di prelievo di pesca. Giusto? Sbagliato? Sono questi gli accordi che hanno avuto l’appeasement dello Stato italiano. Nel calcolare le miglia, però, hanno considerato tutto il Golfo della Sirte come “Acque interne”. Una enormità dal punto di vista geografico e politico come si vede dall’immagine di questo stesso articolo.
Anche noi facciamo lo stesso sapete? Ma lo facciamo, ad esempio, nel Golfo di Palermo, in cui si tira una linea tra Capo Gallo e Capo Zafferano, considerando “acque interne” quelle da questa linea alla costa, e calcolando acque territoriali e zona limitrofa NON a partire dalla costa, ma da questa linea immaginaria.
Ma, un conto è farlo da tutti i piccoli golfi e insenature della costa, arrotondando la forma geografica, un conto è prendere un pezzo enorme del Mediterraneo e considerarlo tutto Libia. Il problema nasce da lì, tanto per cominciare.
Ma, sia pure, la Libia (o le Libie?) lo considerano ormai parte del territorio nazionale e da lì calcolano le zone di sfruttamento esclusivo. Bene!
Ma allora la Sicilia deve poter fare altrettanto. Noi abbiamo dato mezzo Ionio alla Grecia, abbiamo condiviso il Mammellone con la Tunisia, anche se è al 90% acque interne tra Pantelleria, le Pelagie e la costa siciliana. Abbiamo assegnato a Malta una quota immensa di Mediterraneo che poi la stessa non riesce a vigilare e per la quale ci chiede aiuto…
Per secoli il Regno di Sicilia ha controllato questo specchio d’acqua ed ha imposto la sua legge ai dirimpettai. Ora siamo alla loro mercé.
Se fossimo uno stato indipendente, o se l’Italia considerasse la Sicilia veramente italiana, intanto faremmo accordi con i dirimpettai su basi di pari dignità, stabilendo diritti di sfruttamento economico esclusivo in funzione della distanza dalle rispettive coste, ivi comprese le Pelagie e Pantelleria! E pretendendo da Malta, in funzione delle forniture di acqua, energia e difesa aero-navale, una qualche forma di “condominio” nell’utilizzo delle relative acque.
Questo gli esteri (ma chi? Di Maio?)
La difesa poi deve guardare la frontiera marittima, sia per la questione “migranti” (magari ne parliamo un’altra volta, ma le questioni sono strettamente collegate), sia per la questione “pesca”, nella quale i pescherecci sono abbandonati a se stessi. Nelle nostre aree la marina militare deve presidiare le acque e, se del caso, intercettare le motovedette straniere che vanno troppo al di là, abituate da decenni di buonismo italiano che tanto paghiamo solo noi Siciliani.
I marinai italiani vanno riportati a casa intanto, senza ricatti, con le buone o con le cattive. La Libia destabilizzata è una questione nazionale siciliana, e dobbiamo risolverla, cacciando via tutti gli eserciti stranieri, a cominciare da quello turco. Basterebbe fare capire ad Haftar che facciamo sul serio e che vogliamo mandar via i Turchi dal nostro mare e i pescatori di Mazara tornerebbero a casa domani mattina. Per il futuro navi armate devono presidiare minacciose i confini della pretesa area di sfruttamento libico. Amici con tutti, sì, ma “fissa” no!
Ma l’Italia, che regala pezzi di mare alla Francia, non ha alcuna capacità di difendere la Sicilia.
Una cosa avevamo affidato all’Italia, e non è in grado di farla.
Sulle questioni di interesse regionale abbiamo in Sicilia un organo dello Stato:il Presidente della Regione nel rango di Ministro. Che sta facendo il nostro Presidente-Ministro? Ha chiesto una convocazione del Consiglio dei Ministri per risolvere la crisi dei nostri pescatori?
Che sta facendo la politica italiana per difendere il confine Sud della Sicilia e per i pescatori i Mazara dalle aggressioni straniere?
La risposta è: nulla.
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