Io, insieme a Biagio Bossone, sono il “Padre” del Tarì, e vi dico quali sono le opportunità e le difficoltà che lo stesso incontra
In queste settimane il Movimento regionale Siciliano “Attiva Sicilia” ha lanciato un progetto di moneta regionale complementare fondato su un sistema di compensazione multilaterale, denominato “Progetto Tarì”, e intende portare a compimento tale progetto riunendolo con altre iniziative legislative che in questi anni si sono susseguite in ARS.
L’iniziativa non è nuova, e porta il nome di un Progetto che da tempo il sottoscritto ha sottoposto all’opinione pubblica. Devo dire, in tutta onestà, di essere stato “avvisato” e anche “coinvolto” dall’On. Sergio Tancredi, che ringrazio, anche se – non fosse altro che per il nome – si sarebbe potuto indicare sin da subito e con maggiore chiarezza nella comunicazione pubblica chi sia stato l’autore del primo progetto in materia.
Probabilmente il fatto di essere stato il fondatore di un partito politico, Siciliani Liberi, di cui sono stato Presidente sino al 2018, e il fatto che questo partito abbia fatto del Progetto Tarì una delle sue non poche bandiere, abbia creato e crei qualche ostacolo alla circolazione del mio nome, per comprensibili ragioni di visibilità che ogni movimento chiede e non lascia ad altri. Ma devo dire che sino ad ora Sergio Tancredi si è comportato con molta correttezza: sono stato invitato ad una audizione ARS sul tema e, impegnato come sempre sono in molteplici attività didattiche di Dipartimento, sono io che non sono potuto andare. Nessuna polemica quindi, via. Nel momento stesso in cui mi sono occupato di politica, e anche se non me ne occupo più in maniera diretta, non posso più vestire i panni del “tecnico”, e questo ci sta. Lasciamo all’amico Nino Galloni questo ruolo più “puro”. Nondimeno sono io che da anni parlo di moneta complementare siciliana, e neanche si può nascondere questo. Come non si può nascondere il ruolo importantissimo avuto da Siciliani Liberi e da centinaia di suoi militanti nel diffondere, prima, durante e dopo le Regionali del 2017, il Progetto Tarì.
Mi sono occupato di moneta regionale siciliana da molti anni ormai. I miei studi mi condussero a ritenere che la Sicilia ha i requisiti di un’area valutaria ottimale e, non essendo allo stato pensabile una uscita unilaterale dall’area euro come moneta legale, l’idea di lanciare uno strumento di pagamento parallelo, coerente con l’impianto autonomistico vigente, è stato da anni oggetto di studio e di rifinitura del Problema.
Il “brand”, “Progetto Tarì”, nasce nel 2013, dalla collaborazione tra me e il Dott. Biagio Bossone, consulente ed economista del Fondo Monetario Internazionale, per fusione tra due vecchi progetti, uno “senza nome”, che avevo pubblicato precedentemente, e uno “suo”, chiamato “Sole”. La fusione dei due progetti, che diede inizio peraltro a un lungo sodalizio (ci siamo occupati insieme agli amici Marco Cattaneo e Stefano Sylos Labini di Moneta fiscale anche a livello italiano, nel “Gruppo della Moneta Fiscale”), diede appunto vita al “Tarì”, che fu pubblicato sul sito dell’allora Associazione “Noi Siciliani Liberi”, presieduta dall’Avv. Antonella Pititto, da non confondere con il quasi omonimo partito che poi sarebbe nato nel 2016.
Lo stesso progetto, con tanto di disegno di legge allegato, andò in stampa nel 2015, in un capitolo (il X) all’interno di una robusta monografia ( MonetaFiscaleGratuita_def ) edita da Micromega (“Per una Moneta Fiscale Gratuita”, a cura di Bossone, Cattaneo, Grazzini e Sylos Labini, con prefazione di Luciano Gallino).
Il capitolo, dedicato al Caso Sicilia, come emblematico delle potenzialità di una moneta complementare regionale, riportava anche i diversi progetti ed esperienze di moneta locale sperimentati in Sicilia, tra cui il Sicanex, il Grano, etc. evidenziandone punti di forza e di debolezza.
Sempre in quel capitolo era presentato, tra le varie idee presenti in una Sicilia in pieno fermento istituzionale, il disegno di legge per uno strumento di compensazione multilaterale, pressoché identico all’attuale Progetto Tarì di “Attiva Sicilia”, presentato all’ARS a firma dell’On. Sergio Tancredi, allora nel Movimento 5 Stelle, ma materialmente redatto da chi sta scrivendo in questo momento. Quel disegno di legge, come quello, diverso, presentato dall’On. Calderone di Forza Italia, adattato a una dimensione comunale, sono tutti “usciti” nella loro prima versione dal mio PC. Se è una colpa elaborare progetti di moneta locale complementare me la assumo pienamente sulle spalle.
Il progetto Tarì di Attiva Sicilia riprende più quel disegno di legge che il Progetto Tarì storico da me formulato insieme a Biagio.
Mentre sul Tarì io ho continuato ad investire, insieme agli amici di Siciliani Liberi, trasportandone il progetto sul disegno di Sicilia Zona Economica Speciale Integrale, e poi affinandolo, di recente, su quello di “Carta Moneta Sicilia” (per il quale ho voluto evitare il nome di Tarì, pensando di evitare una personalizzazione eccessiva), il Tarì di Attiva Sicilia non si fonda sull’art. 41 dello Statuto e non funziona come moneta fiscale.
Esso è “solo” uno strumento di pagamento multilaterale, in cui, però, lo strumento assume, con il nome, una dignità e identità propria e non solo di mero credito/debito di euro.
La differenza però è più formale che sostanziale.
Il “nuovo” Tarì ha le stesse funzioni di quello tradizionale. L’unica differenza è l’iniziale “non” partecipazione dei Comuni (e della Regione) alla Camera di Compensazione. La Regione “promuove” un circuito locale, ma – all’inizio almeno – non vi entra.
Devo dire che, considerando i “nemici” di qualunque moneta locale pubblica o para-pubblica, se questo serve per fare intanto circolare lo strumento in Sicilia, perfettamente lecito, e quindi farlo accettare, farlo riconoscere dai cittadini, ben venga. È uno stadio che secondo me deve essere attraversato.
Poi, ma forse non subito, una qualche compartecipazione al circuito da parte degli enti locali, come era nella proposta Calderone, potrebbe rafforzare non poco lo strumento.
E infine, solo infine, se e quando la Regione avesse vinto la propria battaglia per lo Stato per avere indietro i tributi che le spettano e la totale gestione della Agenzia delle Entrate, l’entrata nel circuito della Regione farebbe diventare in tutto e per tutto il Tarì una moneta fiscale, una moneta propria che non si sostituisce ma si affianca all’euro, e che risolverebbe moltissimi problemi, specie in un momento di collasso economico come il presente.
Come lo vedo il Tarì di Attiva Sicilia quindi, io che ne sono in fondo l’autore? Lo vedo bene. Ma vedo anche dei pericoli all’orizzonte.
I pericoli sono fondamentalmente due.
Uno è che – come tutto ciò che alleggerisce l’austerità europea – può essere lecito quanto vogliamo, ma a Roma e in Europa non ce lo permetterebbero nella versione più radicale. Non ce lo permetteranno, a meno di non avere coperture internazionali forti, molto forti. E se non avremo una Presidenza della Regione convinta di questo progetto oltre che autorevole. In altre parole, e con tutto il rispetto per gli attuali equilibri, ancora non ci siamo. Si “chiede aiuto a Roma”, quando Roma ci strangola. Il rischio, reale, è che una cosa così importante, finisca per essere bruciata. Si deve cambiare passo nei rapporti con lo Stato.
Un altro è che sia vista come una “cosa di partito”. Siciliani Liberi avrebbe tutto il diritto di farlo, e non lo fa. Anche Attiva Sicilia, che sta portando avanti un disegno realmente autonomistico che dobbiamo guardare con rispetto e fratellanza, non commetterà l’errore di farne una bandiera di partito, ne sono certo, altrimenti la cosa non vedrà mai la luce. Bisogna invece coinvolgere tutti quelli che ci stanno, di destra e di sinistra, indipendentisti, autonomisti ed esponenti di partiti italiani che hanno un po’ a cuore lo Statuto. Non convinceremo mai gli ascari centralisti, ma almeno tutti gli altri devono fare fronte comune.
Forse la possibilità di successo, in questa fase, è quella di farne uno strumento di compensazione esclusivamente privato (le fasi successive del progetto si potranno innestare solo quando questa fase sarà compiuta). E per far questo si devono coinvolgere le categorie produttive.
Io, nel mio modesto ruolo, sono disposto a dare qualche contributo in tal senso, generosamente, per il solo bene della Sicilia. Aspettiamoci insidie; non sarà una passeggiata. Ma questa volta, se avremo la Sicilia del lavoro dalla nostra parte, potremmo anche portare a casa un risultato storico.
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