Che fine hanno fatto i forestali?
Quando ero Presidente di Siciliani Liberi, anzi ancor prima, dall’estate del 2015, avevo molto a cuore la grande anomalia siciliana degli operai forestali siciliani. L’operazione aveva radici lontane, era stata pilotata dalla classe politica siciliana alcuni decenni fa con qualche luce e molte ombre.
Da un lato il fabbisogno di mettere in sicurezza il territorio, devastato dagli incendi, dalla deforestazione, dalla speculazione e abusivimo edilizio, dall’erosione e, col tempo anche dalle discariche abusive, era un servizio reale alla collettività. Così come era vero che questo strumento serviva per arginare lo spopolamento dei tanti centri rurali, collinari o montani.
Ma è anche vero che questa operazione nacque da subito nel segno del clientelismo e del precariato. La classe politica siciliana è feudale, ed è abituata a ragionare in termini feudali: mai lavoro stabile, solo precario, con giornate di lavoro e pagamenti scaglionati in funzione delle esigenze della politica, cui dover dire grazie per avere elargito come favore ciò che dovrebbe essere un diritto: il lavoro. La “moralità” del sistema è stata perciò bassa sin dall’inizio. Accanto a veri e onestissimi lavoratori ci sono state sacche di assenteismo, di doppio lavoro, in alcuni casi limite, addirittura di criminalità.
Accanto a questo aspetto, però, si è creata un’anomalia tipicamente siciliana, quella di decine di migliaia di lavoratori arruolati direttamente a carico del bilancio pubblico. Ciò che, col tempo, è servito ad alimentare il razzismo antisiciliano e tutti i peggiori pregiudizi ccentralisti. I forestali sono stati la scusa, il pretesto, per togliere ai Siciliani praticamente anche le mutande. Se si parlava, subito arrivava l’accusa: “E i forestali? che sono millantamila?”. Poco importava se questi operai venivano pagati a spese del bilancio della Regione, e quindi unicamente del contribuente siciliano.
Il sistema peraltro è andato in crisi con la crisi finanziaria della Regione, e solo il gran numero ha impedito che gli stessi andassero incontro a qualche “soluzione finale”, come quella riservata ad altre sacche di assistenzialismo, come ad esempio gli addetti storici alla formazione professionale.
Per questa ragione, quando facevo politica, pensavo che uscire da questa secca fosse indispensabile e preliminare per scrivere pagine nuove nella Storia della Sicilia.
Ebbi il coraggio di andare a parlare ai forestali, e prospettai quella che era la soluzione di Siciliani Liberi.
Fui sincero. Dissi: “Non credete a chi vi dice che sarete tutti stabilizzati a tempo pieno! È una cosa semplicemente impossibile e insostenibile, vi stanno ingannando!”.
La sincerità è merce rara tra i politici, e in effetti in breve capii di non essere un politico, soprattutto per questo motivo. Non chiedevo voti, chiedevo responsabilità e coraggio.
Chiesi loro una soluzione di compromesso. Ingannati per tanti anni dalla Regione, avevano sì diritto ad una qualche forma di stabilità, ed anche a qualche premialità per chi era stato sfruttato per tanti anni. Ma non a tempo pieno, perché era ed è impossibile. È impossibile che la Regione si doti di un organico di forestali equivalente al triplo di tutti gli altri dipendenti messi insieme. È insostenibile finanziariamente e, anche se lo Stato cessasse di derubare la Sicilia, sarebbe anche ingiusto per tutti gli altri siciliani dedicare a un solo settore così tante risorse, pregiudicando gli investimenti, lo sviluppo, l’occupazione di tutti gli altri, COMPRESI I FIGLI DEGLI STESSI FORESTALI, COSTRETTI AD EMIGRARE!
La nostra soluzione era quindi questa. Stabilizzarli tutti, a tempo indeterminato, ma con contratto sempre stagionale, aumentando un po’ per tutti: i 71sti passano a 101, e così via… Per la restante parte dell’anno, questo è il problema, si sarebbe persa l’indennità di disoccupazione. E qui si sarebbe negoziata con l’INPS e con lo Stato una exit strategy graduale, per continuare a dare una indennità equivalente per chi nei restanti mesi era disoccupato per davvero e toglierla, con un buon regime di intelligence, a chi aveva invece una più o meno dichiarata attività agricola, o artigianale, o commerciale, o comunque un altro reddito.
Ma questo sarebbe solo il colpo di spugna per chiudere con il passato. A questo abbiamo aggiunto un regime agevolato di prepensionamento per tutti gli operai “di una certa età”. Da decidere se 65, o 60 o qualche età intermedia, in funzione delle disponibilità di cassa.
Con le giornate in più si fanno lavorare, il lavoro non manca, certo. Ma questo non avrebbe guardato al futuro, avrebbe solo messo un punto al passato e sfruttata una necessità per una straordinaria sistemazione del disastrato territorio siciliano.
Per il futuro, questo è il punto cruciale, la Regione deve fare una sua scelta su come badare da ora in poi al dissesto del territorio: in casa o in appalto? Forse il regime di appalto è più conveniente. Si potrebbe dividere la Sicilia in 20 o poco più “distretti”, e dare in appalto la manutenzione del territorio a cooperative o imprese che abbiano determinati requisiti e dare bonus in funzione della minore incidenza degli incendi estivi. Più è la superficie che al termine dell’appalto pluriennale viene riconsegnata alla Regione in buono stato, più alta la remunerazione delle imprese interessate. Quando ci vuole un po’ di mercato non guasta.
Non crediamo sia compito della Regione organizzare direttamente il servizio. Le ditte appaltatrici dovrebbero servirsi, finché ci sono, ad esaurimento, degli operai stabilizzati. MAI PIÚ PRECARI IN FUTURO! MAI PIÙ NUOVE IMMISSIONI! Quando questi non saranno più sufficienti, le ditte o cooperative dovranno provvedere a loro spese ad assumere nuove risorse, preferibilmente giovani, secondo i criteri dell’impiego privato.
Certo, la politica può anche decidere di gestire tutto in maniera internalizzata, con un buon sistema di controllo di gestione e di incentivi. Sono piuttosto scettico sull’efficienza del sistema, ma in teoria è anche questa una strada perseguibile.
Ma in tal caso va creato un dipartimento ad hoc della Regione e 25 “compagnie” circa nel territorio. L’organico non dovrebbe superare l’equivalente di 3.000 persone a tempo pieno, si decida poi in funzione delle esigenze se convengono 3.000 persone a tempo pieno o 6.000 stagionali al 50% equivalenti. E le eccedenze?
Oggi come oggi, se traduciamo i superstiti in unità a tempo pieno equivalenti, mi pare siamo di poco sopra i 6.000 o 7.000 al massimo. Per ora si andrebbe a lavorare con esuberi che servono per fare lavori straordinari di manutenzione del territorio. Non manca il lavoro, come ho detto. Poi, man mano che si vanno pensionando, ogni 2 o 3 anziani che vanno via, se ne assume uno giovane, con un turn over ridotto. Ma, questa la differenza con il passato, non più attingendo agli uffici di collocamento manodopera poco qualificata, bensì con PUBBLICO CONCORSO, richiedendo una formazione specifica ed adeguata. Solo così si potrebbe moralizzare progressivamente il settore.
Ma – devo dire la verità – adesso mi interessa molto meno di questo settore, e non me ne vogliano i diretti interessati. Sarei molto più interessato ad una efficace ricostruzione del Corpo Forestale Siciliano, che è tutt’altra cosa, polizia rurale, e che ingiustamente viene confusa con gli operai. Alle ultime elezioni questi hanno voluto seguire il pifferaio magico che prometteva loro stabilizzazione e stipendio fisso. Sono nati con l’assistenzialismo pubblico e di questa cultura politica non sono riusciti mai a liberarsi. Verrebbe da dire che ora è compito di chi ha avuto la loro fiducia risolvere i loro problemi, e non di tutti gli altri siciliani.
Ora come ora la Sicilia è alla fame. Voglio essere sincero, non ho cambiato idea, ma non possiamo bloccarci sui soli forestali. Nessuna guerra tra poveri, ma ora dobbiamo risorgere tutti, e non lo possiamo fare certo con i partiti italiani.
Al primo posto metterei le partite IVA, il motore dell’economia: ci sono le imprese agricole, del turismo, della ristorazione, della pesca, dell’industria agroalimentare, l’ossatura del nostro sistema economico. Dobbiamo trasformare la Sicilia da una Regione di assistenzialismo ad una Regione fondata sul lavoro e sulla produzione.
Con il passato dobbiamo chiudere, al più presto. La politica feudale ha fallito con gli operai forestali, non è stata in grado di dare risposta in passato, ha fatto incancrenire il problema. Sarebbe ora di voltar loro le spalle. Ma gli interessati sono disposti a farlo?
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!