CHE TIPO DI OPPOSIZIONE SI FA IN UN REGIME AUTORITARIO?
Chiedo scusa ai miei quattro amici che ogni tanto seguono questo blog per il lungo silenzio. Ho passato un periodo troppo carico di altri impegni per potermi dedicare a qualche approfondimento politico-sociale. Ma ho impiegato questo tempo per maturare alcune riflessioni.
Vi dico subito che non ho ancora risposte, per lo meno risposte definitive, ma molte domande. Mi piacerebbe confrontarmi con uno o più interlocutori che avessero tali risposte. Possibilmente non con saccenti che credono di avere verità e soluzioni facili in tasca, di quelli che di solito ti dicono “non hai capito niente”, “stai sbagliando tutto”. Perché per capire e non sbagliare la ricetta in fondo è semplice: fare tutto quello che dicono loro, no?
No, vorrei fare una riflessione più articolata, e – se ci riesco – più matura.
Tra il 2015 e il 2016, dopo tanti anni di maturazione movimentista, l’indipendentismo in Sicilia si è ridato un’organizzazione, intorno a un nuovo soggetto politico che prende il nome di “Siciliani Liberi”. Gli anni iniziali di vita del movimento sono stati pieni di difficoltà, un difficile rodaggio, sono stati fatti errori ed esperienze, ma il movimento nel frattempo ha consolidato una militanza sempre più coesa e matura. Insomma qualcosa che lasciava ben sperare.
La strategia era piuttosto chiara, e già definita nel Manifesto fondativo: creare un indipendentismo siciliano che si ispirasse ad un sovranismo democratico. Si era lucidamente intravisto quale fosse il pericolo incombente, e si faceva una scelta di campo netta, che andava al di là degli orticelli ormai logori della “destra” e della “sinistra” che erano (e sono) solo soldatini rossi e blu con cui far giocare il popolo bue (o considerato tale dalle élite). Non che non si fosse consapevoli dei limiti del sistema partitocratico e rappresentativo. Però si dava per assunto che, con tutti i loro difetti, le vecchie liberaldemocrazie avessero determinate “regole del gioco” che non potevano essere messe in discussione. La possibilità di associarsi in formazioni politiche, la libertà di parola e di pensiero, su qualsiasi argomento, le libere elezioni, con esse la possibilità di cambiare classe dirigente, politiche, regole del gioco. Qualunque lobby, qualunque mafia, non avrebbe potuto superare determinati limiti.
Ebbene, le regole del gioco, dal 2019 ad oggi, sono radicalmente cambiate. Non siamo certo in un regime del tutto autoritario in cui si chiudono i blog dei dissidenti (io posso parlare ai miei quattro amici, per esempio, o twittare liberamente, o quasi). Però, per contro, ciò che restava della democrazia, già svuotata dai tempi della caduta del Muro di Berlino, è stato quasi del tutto spazzato via.
Ora direte “fissato col Covid! ma via, è finita, ripigliati….”. No! Non sto parlando solo del Covid, anche se questa esperienza è stata significativa e, per certi versi, ha segnato il passaggio di una linea rossa irreversibile. Infatti ho detto dal 2019, non dal 2020. Dal 2019, infatti, dopo una lunga preparazione, in cui un numero ristrettissimo di soggetti, nel cd. occidente, ha preso le leve di tutta l’informazione che conta, pubblica e privata, e messo i suoi uomini al vertice di tutte le istituzioni che contano, partiti, magistratura, dirigenza pubblica, gerachie ecclesiastiche, università, è letteralmente passata all’attacco, cogliendo un po’ tutti di sorpresa. Sfoderando una potenza di fuoco che nessuno di noi immaginava avessero o potessero usare in modo così ben coordinato. La tanto denunciata sperequazione del reddito, per cui l’1% della popolazione mondiale possiede più del 50% della ricchezza, è passata dalla teoria alla prassi. Gli incontri, un tempo contestati, di Davos e di altre consorterie e think tank simili, sono usciti dal dominio della “potenza” e sono entrati in quella dell’“atto”.
Non è più tempo di teoria del complotto, che tutti, io per primo, snobbavamo come fantasie o pericoli sì, ma molto remoti, ma di una pratica che si tocca ogni giorno con mano e che entra con prepotenza nelle nostre vite, cambiando semplicemente TUTTO: tipo di lavoro, relazioni sociali, alimentazione, rapporti familiari, tipo di consumi, idee, stili di vita, lingua, etc.
Improvvisamente ci siamo trovati ad essere “oggetto” e non più “soggetto” della storia. E di esserlo ad opera di una mano dalla forza impensabile, con una catena di trasmissione neo-feudale, che dai massimi signori, attraverso tutta una serie di ingranaggi, scende giù ai vassalli-valvassori-valvassini del sistema, fino all’ultimo kapò, magari il vicino di casa o collega, che esegue gli ordini non sa neanche lui perché. In questo quadro l’opposizione extraparlamentare sicilianista e sovranista è stata investita da una tempesta, in cui è miracolosamente sopravvissuta, moralmente rafforzata e numericamente appena indebolita. Ma ora che fare? Ora i “fronti” sembrano essere troppi.
Non sto qui a tediarvi con i tanti temi “dem” che sono stati imposti all’opinione pubblica, qualche volta con grande successo, talaltra meno. Li conosciamo tutti. Mi concentro solo su uno: il cd. “green”. Dal 2019 si è inscenata, con una potenza di fuoco inimmaginabile, una “protesta giovanile” per “salvare il mondo”; protesta che diventa il grimaldello con cui passare per le armi tutti i “reazionari” che resistono alla costruzione dell’ “uomo nuovo”. Nuovi “tribunali del popolo” e “comitati di salute pubblica” si avvistano all’orizzonte per punire gli sporcaccioni dei tempi nostri. Con un minimo di senso critico ci si avvede che è tutto falso come la classica moneta da tre euro. I temi ambientali veri sono ignorati. La raccolta differenziata vera, che non interessa a nessuno, perché di interesse appunto “pubblico”, resta al palo. I cittadini continuano a disobbedire o a obbedire molto indolenti e non interviene nessuno. Ma nel frattempo si proibisce alle macchine diesel di entrare a Milano, si spinge, perché lì c’è l’interesse privato, a passare all’elettrico, con le buone o con le cattive. Quando vuole lo stato il cittadino lo educa, eccome. Ci sono riusciti con le inutilissime “mascherine”, al punto che c’è ancora chi non riesce proprio a toglierle, neanche all’aperto, ma con ciò che conta veramente no, lasciano correre. No, quindi non è una questione di senso civico. Il senso civico si crea, se si vuole.
E abbiamo visto che lo si crea soprattutto con le cattive. Il potere mostra oggi sempre più un volto malvagio e intollerante. Il Covid, subito dopo i Friday for future, è servito a tante cose, una delle quali la sperimentazione di una manipolazione di massa, della possibilità dell’impunità anche per le violazioni dei diritti umani tra le più efferate. L’esperimento, forse, nel complesso è riuscito dal loro punto di vista.
Adesso hanno fatto un passo indietro, ma è ormai passato il principio nefasto che se chi governa “dice” che c’è un interesse pubblico, tutta la tua libertà, tutti i tuoi interessi privati soccombono e puoi essere tranquillamente schiacciato come un insetto. Nessuno protesterà, non ci saranno istituzioni di controllo pronte ad intervenire per fermare l’orrore, né opinione pubblica o Sr. Schindler pronti a nasconderti. Ti possono fare un TSO per strada (è successo) perché vai col megafono a dire che il coprifuoco è inutile, e nessuno nella magistratura si degna di intervenire per fermare l’orrore e, quel che è peggio, neanche nella cittadinanza.
Ogni tanto si leva qualche voce, tra qualche giornalista o giudice più coraggioso. Non hanno il controllo proprio di tutto. Non tutti sono comprabili, non tutti sono ricattabili, non tutti hanno paura né sono semplici idioti conformisti. C’è chi pensa e si ribella. Ma per questi, a un certo punto, interviene la repressione, delle più dure. Dite che fare opposizione è come prima? Dite che ci possiamo “tranquillamente” concentrare sui nostri temi come se nulla fosse avvenuto?
Le leggi elettorali nel frattempo sono alterate, per favorire l’immobilismo. Si introducono sistemi di voto a distanza manipolabili. L’informazione boicotta in modo sistematico ogni refolo di novità che possa compromettere l’ordine costituito. Si creano barriere insormontabili, nella raccolta firme, nel finanziamento ai partiti, negli sbarramenti elettorali, per essere certi, ma assolutamente certi, che nulla cambi.
E, quando qualcosa cambia nonostante tutto, chi arriva al potere scopre che non ci sono leve del potere per chi è stato democraticamente eletto. Queste sono state tolte da tempo. Contratti capestro trentennali qua e là (come quello che in Sicilia vende l’acqua pubblica ai privati che poi ce la rivendono), impegni finanziari secolari presi qua e là (della Regione con lo Stato, dello Stato con la UE), meccanismi decisionali in cui già tutto è deciso dall’esterno, dall’alto, da vincoli internazionali di cui non si è mai dibattuto apertamente. Deep state che boicotta qualunque iniziativa che non vada nell’interesse dell’agenda dei superricchi, deep state di solito inamovibili; magistrature che chiudono gli occhi di fronte allo stravolgimento della Costituzione (non sempre, ma è la norma), ma che intervengono prontamente e con la massima severità se qualcuno vuole veramente difendere la propria nazione.
E se, per caso, qualcuno riesce a sfidare tutto ciò, lo si isola, lo si compra, lo si minaccia, e – se ancora resiste – in qualche modo lo si fa fuori, si inventa uno scandalo, o, se non ci si riesce, gli si leva ogni fonte di reddito o, perché no, anche la vita. O, se ha il sostegno del suo popolo, gli si dichiara guerra: prima economica, poi militare. O dobbiamo berci che la guerra che stiamo facendo contro la Russia sia dovuta veramente alla difesa dell’Ucraina, a prescindere di chi abbia torto o ragione?
Beninteso, il mondo “sovrano” fuori dall’occidente è una costellazione di regimi autoritari, oligarchici, familiari, tutt’altro che liberi. Ma noi credevamo di essere migliori. E semplicemente non lo siamo, forse lo eravamo un tempo, ma certamente non lo siamo più.
A questo punto mi chiedo, e vi chiedo, una cosa semplice, con l’ingenuità quasi di un bambino. Se le elezioni non sono quasi più un percorso praticabile, o comunque non risolutivo. Se non puoi ritagliarti alcuno spazio nell’informazione, perché questa è tutta controllata. Se non puoi creare una classe politica di militanti, perché la maggior parte di noi è schiacchiata dal bisogno e deve ogni giorno lottare per far sopravvivere sé e i familiari. Se non puoi ritagliarti un pezzo di vita o di società civile fuori dalle regole del sistema, perché il sistema ha tutti gli strumenti coercitivi per farti rientrare nel gregge. Se il sistema di controllo delle tue transazioni, non solo finanziarie, dei tuoi spostamenti, delle tue idee, diventa sempre più pervasivo ed invasivo. Se il tuo reddito e la tua proprietà, i tuoi risparmi, sono sempre più pregiudicati e ridotti a “concessione” ma solo se “ti comporti bene”.
Se queste ed altre condizioni capestro sono ogni giorno rafforzate dal sistema, come si può preparare un mondo diverso?
Come si può fare realmente opposizione?
Dico subito, per prevenire fughe in avanti, che nemmeno l’insurrezione o il terrorismo sarebbero risolutivi. Non mi riferisco solo al principio etico per cui è sbagliato ricorrere alla violenza, a non rispettare l’ordine costituito, etc. Questo da un lato lo do per scontato, dall’altro so che non convincerei chi vuole cambiare veramente le cose e considera la violenza una risposta dura ma necessaria, un’autodifesa contro un regime sempre più oppressivo.
Il ragionamento che faccio è un altro e imperniato sul principio di razionalità. Neanche questa strada spunta.
Il terrorista, quando non è foraggiato da una potenza straniera, fallisce il suo compito prima di iniziare. Gli strumenti di controllo a disposizione dello stato oggi sono tali che viene preso subito e neutralizzato. I suoi gesti sono facilmente presentabili, controllando tutta l’informazione, come quelli di un “nemico della Patria”, e non susciteranno solidarietà tra i concittadini compagni di sventura. La necessità di fare azioni efficaci obbliga al proselitismo e alla propaganda. Che farebbero venir meno la segretezza e condannerebbero l’associazione alla sicura sconfitta.
Quindi niente può essere fatto con la forza, niente può esser fatto contro la legge, e tutto deve essere fatto alla luce del sole, perché nulla oggi può essere nascosto.
In queste condizioni, un’opposizione siciliana al regime in atto che forma deve adottare per essere efficace?
Io non ho risposte, cari amici, questo è il vero fatto. Sono convinto che, nei limiti del possibile, il partito indipendentista debba continuare a fare la sua politica “convenzionale”, fatta di dichiarazioni, assemblee, formazione, manifestazioni, partecipazione alle consultazioni elettorali. Sapendo che per ora serve magari a poco, ma provandoci lo stesso. Sono convinto che quelli come me devono un po’ sfidare la censura e raccontare ai propri concittadini le cose come stanno, magari nei meandri di leggi e fatti economici non noti ai più. Sfidare poi il sistema in ogni momento, con punzecchiature di spillo, una continua intifada, sperando che cresca nel paese un po’ di consapevolezza. Ma in modo non troppo temerario, per non farsi annientare.
E non chiedetemi se ritengo efficace questa resistenza, perché anch’io per primo non la ritengo tale. Il sistema sembra bloccato all’interno e penso potrà crollare solo per una crisi esterna. Magari farsi trovare pronti per tale evenienza. Se avete altre idee ditemele, perché al momento io proprio non ne ho.
In questi momenti difficili sopravvivere è già un atto di eroismo.
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