Dove eravate? Ùnni èravu?

foto tratta da antimafiaduemila.com

Ricevo, prima dagli studenti accampati nelle tende del campus universitario, poi da alcuni colleghi, inviti continui ad unirmi alla lotta in difesa della Palestina, e contro ogni tipo di collaborazione con le università israeliane, e, in genere, contro ogni aiuto al genocidio in atto.

Però non rispondo, mi sono trincerato in un silenzio totale, e affido a questo articolo, rivolto ai miei pochi amici del blog, la spiegazione di questo atteggiamento.

Premetto che i fatti di Gaza mi fanno stare male. Da appassionato di storia sono consapevole che uno sterminio così rapido, esteso e disumano ha pochi paragoni nel passato, anche in quello che ogni anno celebriamo con tutti gli onori dovuti.

La parola giusta è “angoscia”, anche se poi, per vivere, ammettiamolo, si è costretti a rimuoverla dal quotidiano.

Angoscia per le decine di migliaia di morti civili innocenti, che nessuna guerra, nessun atto qualificato come “terrorismo”, niente di niente può mai giustificare.  Angoscia soprattutto per i più deboli, per gli sguardi innocenti dei bambini trucidati o mutilati o affamati senza pietà, durante e dopo quella che per loro deve essere una crudelissima tortura. Angoscia per la sofferenza indicibile, e apparentemente senza sbocco di milioni di esseri umani intrappolati su un cumulo di macerie. 

Angoscia, ancora, per la disumanità degli assedianti, che hanno realizzato tutto il campionario delle bestialità possibili in così pochi mesi: impedire l’accesso agli aiuti, fare il tiro al piattello su ragazzini in fuga, ordinare spostamenti e poi sparare alla gente, distruggere edifici con decine di persone dentro, programmare – come se niente fosse – insediamenti sulle macerie con i quali sostituire i malcapitati. Angoscia per la faccia da culo, con la quale, sui nostri media, pretenderebbero di giustificare tutto questo orrore con i “prigionieri di Hamas”, che stanno sterminando loro stessi e di cui non gli importa niente in realtà, o per la stucchevole e logora accusa di antisemitismo, con cui credono di colpire chiunque, dotato di coscienza, si opponga a tutto ciò.

Ma c’è un’angoscia più sottile, devo dirlo, a costo di allungare troppo questa premessa, su cui devo fare chiarezza. Oltre agli uomini si distruggono le memorie, la civilità, che è come uccidere lo spirito umano. Tutto, moschee, chiese, parlamenti, uffici pubblici, anagrafi, ospedali, musei, tutto viene atterrato, senza rispetto per la memoria, al solo fine di poter gridare il grido diabolico “La Palestina non esiste”, che sta tanto a cuore ai demoni sionisti e ai loro sodali.

E angoscia, infine, perché tutto questo ha un corresponsabile di cui non si parla abbastanza: noi! Noi stiamo dalla parte dei criminali, come stato, come unione europea (rigorosamente minuscola), come Nato, come servi degli USA, come “uccidente”. Noi, noi, stiamo dalla loro parte, e questo non ci dovrebbe fare dormire.

Quando fu lanciato l’appello a non collaborare più con le università israeliane, sono stato tra i primi a firmarlo. Non in odio ai colleghi israeliani, ma perché uno stato-canaglia di questi dovrebbe essere raggelato e sigillato da un cordone sanitario totale. Devono sentire che il mondo assiste sgomento al loro crimine e che mai potremo fare finta di niente.

Paradossalmente, con questo crimine, si è fatta pulizia di un pregiudizio, di una favola, di cui anch’io ero preda sino a poco tempo fa: due popoli, due stati.

Finiamola! Uno Stato così non ha più, se mai l’ha avuta, alcuna dignità e diritto di esistere. Esista solo la Palestina da ricostruire, stato multireligioso, multietnico e democratico, veramente democratico, “dal mare al fiume”. Gli estremisti di ogni parte siano isolati, anche con l’aiuto internazionale, e tacciano le armi per sempre. Quella terra “NON” è “DEGLI EBREI”, magari perché c’è scritto nel loro libro sacro, o così da loro viene interpretato. Quella terra è di chi la abita da sempre. Se chi viene da fuori, vuole costituire il “focolare ebraico” proprio là, lo faccia pure, ma compri terreni e case, se può, rispetti gli autoctoni, si accomodi senza disturbare. Il crimine della rapina della terra è connaturato alla nascita di Israele, e non sarà la foglia di fico dei pochi arabi israeliani, sopravvissuti e tollerati nella Nakba del 1948, grazie al sionismo laburista, un po’ meno sanguinario di quello odierno, a giustificare tutto il resto. Hanno rifiutato gli Accordi di Oslo, vogliono tutto, mi sa che alla fine non avranno nulla, o – meglio – dovranno dividersi il tutto, concedendo la cittadinanza a TUTTI gli arabi palestinesi.

Fatto questo chiarimento, lungo ma doveroso, perché non ci siano dubbi nel capire da che parte sto, voglio dire perché non posso rispondere al collega che mi invita ad “unirmi alla lotta”, me e tutte “le professoresse e i professori”,  e tutte le altre componenti, con asterischi e schwa vari…

NON POSSO.

Non posso più unirmi a voi, se non si chiarisce prima una cosa.

DOVE ERAVATE, cari/e colleghe e colleghi, studentesse, studenti e studentessi, dove diamine eravate nascosti QUEL MALEDETTO 15 FEBBRAIO 2022?

Non sto parlando del 1938, sto parlando di soli due anni fa. Non sto chiedendo conto di quando mio nonno fu licenziato dal regime fascista perché non voleva farsi il cartoncino verde, fu spedito in Eritrea dove vi trovò la morte. No, sto parlando di un tempo vicino, che avete vissuto, e che ha avuto un altro cartoncino verde (questa volta in inglese e virtualizzato)! Allora mi lasciaste solo, solissimo. Nessuno si ricordò di noi, discriminati, minacciati di sospensione dello stipendio. Eppure i colleghi erano in servizio, e gli attuali studenti non erano certo all’asilo.

Mi arrivò una lettera minacciosa, nella quale, pur avendo io negato l’autorizzazione all’accesso al mio fascicolo sanitario, l’Università mi comunicava che “a loro non risultava che io avessi provveduto agli obblighi vaccinali”, e mi si intimava di darne giustificazione nell’arco di sole 48 ore, in dispregio persino delle stesse leggi allora vigenti, pena la sospensione dallo stipendio e la “cacciata” dall’Università, nella quale i solerti guardiani privati non mi avrebbero neanche fatto entrare.

Queste cose segnano per la vita, mi spiace. E non dite, per favore, “e che c’entra”: c’entra, c’entra, e se non lo capite siete parte del problema.

In quella lettera c’erano calpestati i più elementari diritti umani, diritti naturali scolpiti nel cuore di ogni uomo libero, prima ancora che nell’art. 32 della Costituzione, soggetto questo, come abbiamo visto, a facili interpretazioni a “trasi e nesci”. Quel 15 febbraio “mi sono svegliato” e “ho trovato l’invasor”, ho scoperto di non essere più padrone del mio corpo, soggetto al più vile dei ricatti pur di farmi iniettare, contro la mia volontà, e di farmelo iniettare simulando un consenso informato che non c’era, un preparato che non era in grado di “salvarmi la vita”, che non preveniva né il contagio né la diffusione, che era potenzialmente portatore di effetti avversi, in qualche caso anche letali, come poi si è dichiarato ufficialmente, ma come si è sempre saputo. E se, cari colleghi “rivoluzionari”, “hasta la victoria siempre”, pensate che quel ricatto, per una qualunque arcana ragione, fosse un ricatto “giusto”, dovuto, beh, allora sapete che c’è?

C’è che non abbiamo più nulla da dirci, proprio nulla.

Dal Dicembre 2020 al Giugno 2022 è stato un crescendo di aggressioni verbali, diffamazioni, esclusioni, discriminazioni, violenze, degne del peggiore dei totalitarismi, un assaggio di nazismo in pieno XXI secolo, un tentativo sperimentale di regime distopico, un incubo.

E in quest’incubo, proprio come nelle peggiori esperienze del passato, il cittadino qualunque, il collega, l’amico, si trasformava in delatore del regime, o si girava dall’altra parte, ignorando che, come testualmente detto dal dittatore di turno, una parte dei cittadini era “esclusa dalla società”, in pratica privata di tutti o quasi i diritti civili, e persino del diritto di sopravvivere.

Quell’evento, dal quale sono uscito indenne, per vie che qui non mette conto richiamare (NON mi sono piegato al ricatto e NON ho perso lo stipendio ma ci sono riuscito DA SOLO), mi ha segnato per sempre.

Da allora ho smesso di fare politica, di essere un cittadino attivo. Perdonatemi, ma non me la sento di andare oltre i pareri, gli studi e la “consolatio philosophiae”. Finché non si farà chiarezza e giustizia su questo periodo di sonno della ragione, farò solo resistenza passiva, e soprattutto non andrò mai a fianco dei “rivoluzionari da salotto”, dei ragazzi con la bandiera “antifa”, che mentre c’era il nazismo dormivano sonni beati, e oggi mi chiedono impegno. Ma quale impegno? No, nessun impegno, mi spiace. Allora sotto le bombe a morire di fame c’ero io. Ed ero io, con mia moglie, i miei figli e basta. Buona fortuna per le vostre lotte.

Io continuo a fare le mie lezioni e le mie ricerche di Economia aziendale, con la diligenza professionale richiesta al mio ruolo, in attesa di “mettermi a riposo” quando finalmente potrò farlo.

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