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L’agenda appena cominciata … è già finita

La storia di queste settimane, alle nostre latitudini, sembra scorrere secondo i dettami inflessibili dell’agenda globale.

Però, però, consideratemi un inguaribile ottimista, sono convinto che siamo alla vigilia di rivolgimenti che ancora non osiamo sperare.

Tutto sembra andare – dicevamo – secondo i piani. L’informazione ufficiale è ormai completamente addomesticata. Arrivano gli ordini di scuderia e si informano/educano i sudditi secondo le emergenze del momento. Nel frattempo i provvedimenti sostanziali vanno avanti. Lentamente chiudono i bancomat, ad esempio. Oppure, in Gran Bretagna, si chiudono direttamente i conti dei dissidenti. Sempre ad esempio si aumentano i limiti legali alle emissioni elettromagnetiche, per facilitare l’avanzata del 5G. Oppure, sempre per esempio, procede il ripopolamento dall’estero, al ritmo di circa 100.000 persone l’anno. Tutti i provvedimenti woke vanno avanti spediti, sulla casa, sulla mobilità, e nello stesso tempo tasse, balzelli, inflazione, aggrediscono senza pietà il nostro portafoglio, o ciò che ne resta. Ormai nei Gay pride si sdogana apertamente la pedofilia, mentre a livello globale le prime lettere (LGB) cominciano a venire a noia agli organizzatori, così legate come sono ancora al sesso genetico dei relativi rappresentanti. Ormai si passa direttamente alle lettere successive, dalla T, come trans, alla Q, come queer o fluido, indefinito, per arrivare alle più orrende aberrazioni, non ancora confessate, ma sempre più evocate, la pedofilia, la zoofilia, la fitofilia, ed altre simili malattie mentali.

Ma questo è solo un aspetto della reingegnerizzazione integrale della società. La cito perché appena più visibile. Quelle non meno insidiose sono più sottili e invisibili, sulle quali non perdo neanche tempo. Vogliamo parlare della pubblicità del tipo che si è fatto infilare non so quanti microchip nel corpo? Lasciamo perdere.

E allora? Tutto male? Macché.

Il sistema sta per accartocciarsi su se stesso. Dove ho letto che i titani vennero sconfitti da Zeus quando stavano per porre l’ultima pietra del loro edificio? Che sia lo stesso mito della Torre di Babele? Chissà… e chissà perché questi tentativi titanici non riescono mai, ma proprio mai.

C’erano già due fronti critici principali, e ora se n’è aggiunto un altro.

Il primo fronte è quello degli USA, sì, il centro dell’Impero. Nel 2024 si vota, in un modo o in un altro. E, a quanto pare, nessuno voto elettronico o postale potrà mai fare emergere di nuovo la mummia, o qualche altro esponente dell’establishment, anche repubblicano. Trump sarà eletto, e questa volta non potrà “convivere” con il vecchio ordine, ma sarà costretto, per sopravvivere, a smantellarlo. Smantellato il sistema negli USA, crolla tutto, miseramente. Salisse Kennedy, dall’altra sponda, non credo sarà molto diverso. Che fare allora? Arrestarlo? Ucciderlo? Ormai a qualunque azione può corrispondere una reazione ancora più forte. L’America come l’abbiamo conosciuta non esiste più. Ora pure il FMI riconosce che quella americana è solo la seconda economia del mondo, dietro quella cinese. Che succederà quando diventerà la terza, scavalcata pure dall’India?

Ve li ricordate i 7 grandi del G7 degli anni ’80? Ve li ricordo, nell’ordine: USA, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia (che per qualche tempo scavalcò la precedente), Canada.

Che fine hanno fatto? Gli Usa sono scesi dal 1° al 2° posto. Il Giappone dal 2° al 4°; la Germania dal 3° al 6°, superata persino dalla Russia; Francia e Regno Unito arrancano ora al 9° e 10° posto. Delle ultime due si stanno perdendo le tracce. L’Italia pare sia al 13°, in procinto di essere scavalcata dalla Corea del Sud.

Pensate che questo processo sia invertibile? Che possa tornare la centralità del dollaro, di cui tutti si avviano a disfarsi? Semplicemente impossibile. La storia è segnata. L’intelligenza, la genialità anzi, di Trump, sta nell’averlo capito e nel voler difendere una posizione degli USA “tra” i grandi, rinunciando ad essere la superpotenza numero uno. Gli USA erano “great” quando erano un’economia rampante tra le altre. Ecco che significa farli diventare “great again”. La politica del debito infinito di chi tira le fila del burattino da RSA rischia di far chiudere anche questa finestra.

E che ne sarà dell’Agenda 2030 e del WEF senza gli USA? È proprio di oggi la notizia di un politico repubblicano che, designato dal WEF come “young leader”, ha sdegnosamente rifiutato il titolo, costringendo il WEF alle scuse. Ormai dire di stare con il WEF, alla Trudeau, alla Macron, alla Sanna Marin, sta diventando un’infamia.

E dappertutto l’infamia e la bugia del Covid, nei paesi anglosassoni, sta facendo lentamente, ma non troppo, breccia, con confessioni sempre più imbarazzanti e veri procedimenti giudiziari. Secondo me abbiamo visto solo l’inizio.

Dall’altro fronte, quello orientale, si è puntato tutto sulla sconfitta e disgregazione della Federazione Russa, vero katechon della civiltà europea, con tutte le sue eredità. E ora anche il mainstream ammette il totale fallimento della strategia. Tra poco finiscono uomini e munizioni, altro che controffensiva. Se in Ucraina fosse rimasto un barlume di intelligenza, invece di lanciarsi in disperate operazioni terroristiche e invocare altre armi ad un Occidente esausto, si penserebbe ad una resa condizionata. Altro che la pagliacciata in Arabia Saudita di trattative di pace senza il più importante dei due contendenti. Non c’è molto tempo, stimo fino alla fine di settembre. Dopo il fronte comincerà a ripiegare inesorabilmente e, anche se ci sono riserve per una resistenza, in ritirata, fino alla fine dell’anno, a quel punto non resterà che la resa incondizionata.

E che ne sarà della UE e del “nuovo ordine” dopo la resa dell’Ucraina?  Ve lo lascio solo immaginare.

Già i sondaggi danno il partito tedesco contrario alla guerra al secondo posto oltre il 20%. Truccheranno il voto? Sì, forse, ma non si può continuare così all’infinito.

Ma il vero scacco matto non viene da Ovest, né da Est, ma da Sud.

Chi l’avrebbe mai detto, che questa III Guerra mondiale sarebbe finita proprio in Africa. Con la caduta della colonia Niger, l’Occidente ne perde in un colpo uranio, oro e diritto di transito, forse anche la base da cui si organizza la tratta di esseri umani cui assistiamo.

Senza il Niger la bilancia pende definitivamente dall’altra parte. La crisi economica europea a questo punto non sarà più gestibile, neanche con i manganelli.

Per questo la reazione rabbiosa di Francia e USA. Adesso vi scateniamo i paesi africani a noi fedeli, gli Eco-Was, molti dei quali, in verità, hanno già fatto accordi militari anche con la Russia, e comunque non l’hanno condannata. Alcuni già hanno cacciato i francesi (Mali, Burkina Faso, e altri meno vicini come il Centrafrica, etc.). Ma la risposta degli altri non è arrivata. L’idea di fare la guerra per conto degli Occidentali in Africa non è piaciuta a nessuno. Per primo si è sfilato il vicino Ciad, dicendo che ha troppi problemi interni e si limita alla neutralità. Poco male, ci sono la grande Nigeria, il Benin, il Ghana, il fedele Senegal.

Ma Mali e Burkina Faso avvertono: se intervenite contro il Niger saremo al suo fianco. Subito dopo la potente Algeria, il cui esercito vale quello di tre o quattro paesi africani subsahariani messi insieme. Uhmmm, che fare? Il Presidente della Nigeria pare di voler fare sul serio. In fondo il Niger in confronto alla Nigeria è un microbo, che sarà mai? Però deve rivolgersi al Senato del proprio stato federale, anch’esso dilaniato da una lunga lacerazione tra cristiani e musulmani.

Qualche giorno di incertezza…

A un certo punto a Niamey, la capitale del Niger, arrivano i mitici mercenari della Wagner. Quelli che hanno espugnato, casa dopo casa, la città di Bakhmut, sconfiggendo da soli circa 34 paesi NATO e affini alleati, per mezzo dell’Ucraina e dei mercenari. Sì, quel gruppo che osò sfidare Putin, e che per poco non fece un colpo di stato nella stessa Russia.

All’arrivo dei “musicisti” in Niger, in Nigeria si saranno cominciati a chiedere se ne valeva proprio la pena… Il Senato ci pensa e poi dice “picche”: le motivazioni del Presidente sono valide, ha ragione, ma il nostro esercito è male armato, non è pronto per una guerra. Sottotitolo: per la Francia ci vai a morire tu.

Tolta la Nigeria, la coalizione si sfalda in meno di una settimana. Il Presidente del Parlamento del Senegal si dissocia dal Governo e dice che non ci sono le condizioni per aprire una guerra fratricida, peraltro dovendo aprire un fronte con il vicino e potente Mali. Ma, qualche anno fa, si era rovesciato un governo dissidente nel piccolo Gambia. Sì, vero, ma il Gambia è piccolo e indifendibile; il Niger significa andarsi a perdere in un deserto immenso. Non se ne parla.

L’unico paese confinante resta il Benin, che oggi dichiara che “la soluzione migliore è quella diplomatica”. Gli altri ormai tacciono, con un silenzio del tutto eloquente.

Arriva, puntuale lo sfratto per i militari francesi, mai veramente andati via. La folla inneggia ai patrioti golpisti e alla Russia, che si smarca ufficialmente dal golpe per evitare incidenti diplomatici.

E ora? Che farà la Francia? Dichiarerà guerra da lontano? Usa e Francia cercheranno un altro disastroso Afghanistan nel cuore dell’Africa?

Impossibile! Se lo fanno sono solo matti, o disperati.

Da tutto ciò è arrivato il momento di trarne le debite conclusioni. E le conclusioni sono che è finita, questione di mesi. Viene giù tutto. Non sarà facile rialzarsi. Non sarà facile liberarsi dai pregiudizi e dalle falsità di cui siamo stati riempiti in questi anni. Oggi ho visto (era tempo che non lo facevo) una signora da sola all’aperto con una FFP2 anticovid. Fatti suoi, certo. Ma segno che non ci libereremo facilmente dal castello di menzogne. I giovani! Chissà quanto ci metteranno a capire di essere stati ingannati sin da bambini, in pieno imprinting umano. Ma la strada è segnata.

Dobbiamo pensare ad una nuova società, che guardi alle sue radici, ma che guardi avanti, e che faccia tesoro del fallimento di liberalismo e socialismo, ritenendo solo quello che serve di queste grandi idee, e buttando nel cestino della storia tutto il resto.

Teniamo duro un altro po’.

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