Orlando: quell’inutile mozione e il maggioritario
Non mi ero appassionato alla mozione di sfiducia all’attuale sindaco di Palermo, Orlando, quando è stata lanciata. Non mi interessa nulla delle dichiarazioni trionfalistiche del nostro emiro ora che è stata bocciata. Mozione di sfiducia legata ad una legge, il “maggioritario”, ormai logora.
Non ci ho mai creduto. Purtroppo oggi la politica è soltanto una professione come le altre. Nel piccolo del Consiglio comunale si consumano gli stessi riti dell’Assemblea o del Parlamento. Fare il rappresentante consente di avere uno stipendio; stipendio al quale nessuno si sogna mai di rinunciare.
Maggioritario e inutile mozione a Orlando
Un tempo, quando l’Italia e la Sicilia erano realmente democrazie (1946-1994), i sindaci erano espressione dei Consigli Comunali, così come i Presidenti delle Regione lo erano dei rispettivi consigli o, in Sicilia, dell’Assemblea regionale.
Poi venne il maggioritario, la seconda repubblica, dove si vota all’americana. Basta con i partiti! Basta con questi inutili corpi intermedi. Il cittadino, il “Popolo”, elegge direttamente il proprio sindaco. Che bello…. Peccato che questo abbia comportato un definitivo svuotamento degli organi consiliari, i quali si sono ridotti a coreografia pura. E, va detto, in questo la Sicilia ha precorso l’Italia, introducendo per prima questa riforma (1991), all’epoca della gloriosa “Primavera della Sicilia” (cioè di quei sindaci di rottura, come Orlando e Bianco, ora travolto da pesanti responsabilità finanziarie). Stendiamo un velo pietoso sul fatto che i fiori di quella primavera hanno dato solo frutti avvelenati. Quella è storia, passiamo avanti.
Corollario del “maggioritario” è il precetto latino: simul stabunt simul cadent (insieme staranno insieme cadranno). Per evitare che Sindaco e Consiglio abbiano colori diversi, la sfiducia del Consiglio li fa decadere entrambi. Il legislatore, quindi, ha pensato a consiglieri che, dopo aver fatto una costosa campagna elettorale, ed avere avuto la ventura di sedersi a Consiglio, spesso trampolino di lancio per la più redditizia Assemblea, si suicidino tornando a casa.
Signori, parliamoci, chiaro: questo è chiaramente impossibile! E il legislatore doveva saperlo che è una cosa impossibile.
Io non sono contrario al maggioritario al Comune. In fondo il rapporto diretto tra il Sindaco e i suoi cittadini è una buona cosa. Ma allora dovrebbe esserlo fino in fondo, come nei piccoli comuni: una sola lista appoggi il sindaco, senza alcun trascinamento e senza elezioni dirette a primo turno per chi non abbia raggiunto il 50% dei consensi (questo a differenza dei piccoli comuni dove le liste dalla 3a in poi non hanno diritto di rappresentanza), il che sarebbe garanzia di omogeneità politica tra sindaco e consiglio.
E invece politicamente sindaco e consiglio sono due cose diverse, tenute insieme con la colla del trascinamento e del potere, ma condannate a stare insieme perché il mandato è il mandato, e nessuno vuole rinunciarci.
Orlando non ha alcun sostegno politico democratico in questa città.
È diventato sindaco grazie ad una legge elettorale truffa. È tenuto a galla da un sistema di potere che occupa la nostra città, gestendone il progressivo degrado, da troppi decenni. Eppure è ancora là, con il suo volto sempre più arrogante e sprezzante nei confronti di una città che evidentemente ormai ha preso ad odiare.
Ma gli oppositori in Consiglio dell’Emiro di Palermo sono in gran parte soltanto ipocriti. Se non hai la maggioranza non fai inutili mozioni di sfiducia che sono solo assist per il suo trionfalismo.
Ormai dobbiamo bere l’amaro calice sino in fondo, e pensare – se ci riusciamo – al “dopo”, a liberare Palermo da questa sventura e a ritrovarle un ruolo economico, politico, culturale, che non sia il vuoto ripetere degli slogan globalisti del “re dâ munnizza”, non soltanto fisica, ma soprattutto morale. E, soprattutto a livello superiore, alla Regione, questo maggioritario illiberale dovrebbe essere quanto meno oggetto di un serio ripensamento.
Mantenerlo nei Comuni?
Sì ma almeno con dei correttivi, per evitare queste inutili farse. Alla Regione, forse, sarebbe invece proprio il caso di buttarlo giù. L’elezione diretta del Presidente è FALSA, la capacità contrattuale da quando ci siamo trasformati in Regione Presidenziale è diminuita. Se dobbiamo votare NO domenica prossima alla mutilazione del Parlamento, perché crediamo nelle rappresentanze politiche, cominciamo a valorizzare quella nostra. L’art. 17-bis dello Statuto ci consente di tornare alla Regione parlamentare senza neanche alcuna modifica di rango costituzionale e senza togliere il maggioritario. Mettiamo al centro della democrazia la legge elettorale che sta distorcendo anche le imminenti elezioni amministrative.
Il vero coraggio, in tempi di autocrazia globale, è quello di difendere e migliorare le istituzioni democratiche. Troppo comodo distruggerle perché chi le occupa non ne è degno. Se le distruggiamo il loro posto sarà occupato da qualcuno che non scegliamo noi e che, statene sicuri, non farà mai i nostri interessi.
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