Quando a Palermo furono inventati il conto economico e il principio di competenza economica (1636)
Guardando all’emarginazione attuale di Palermo e della Sicilia, per non parlare del degrado fisico e morale, si stenta a pensare che un tempo questa possa essere stata una grande capitale anche in senso culturale.
E si stenta ad immaginare che questa centralità culturale risalga proprio al periodo che, secondo la storiografia ufficiale, sarebbe stato quello delle “dominazioni”.
La storia che oggi vi racconto è nota agli addetti del settore, anche a livello internazionale, ma non al grande pubblico.
Correva l’anno 1636. In Sicilia operava, trasferitovi sin da giovane, un padre gesuita, Lodovico Flori, nato in Umbria, incaricato di “tenere i conti” della Provincia ecclesiastica del Regno di Sicilia. Allora in Sicilia l’ordine dei Gesuiti era realmente una potenza, deteneva il monopolio della alta istruzione pubblica, e un patrimonio considerevole. Flori doveva controllare quindi tutte le “Case e Collegi” del potente ordine.
Volendo applicare la partita doppia si ispirava al metodo che un padre benedettino di Mantova aveva ideato qualche decennio prima di lui, ma non ne era pienamente soddisfatto. Allora si facevano i bilanci solo con un prospetto di fondi (quello che oggi chiamiamo lo “Stato patrimoniale”): Crediti e Rimanenze da un lato, Debiti dall’altro, e per differenza il Patrimonio netto. Questo primitivo bilancio era tenuto solo con il principio di cassa, oggi considerato arcaico. Il Flori non ne era soddisfatto.
Si tira quindi fuori questo straordinario Trattato, che ho appena traslitterato dall’originale (mettendo tra parentesi quadre le differenze riscontrate nella seconda edizione), e che trovate in allegato, in cui inventa la competenza economica, con i ratei e risconti, le valutazioni di fine esercizio, gli assestamenti, etc. e, di conseguenza, tira fuori dal prospetto dei fondi (da lui chiamato “Esito”) un prospetto dei flussi (da lui chiamato “Entrata e Spesa Generale”), che in realtà è un vero e proprio conto economico, il cui saldo indica l’utile o la perdita dell’esercizio annuale. Così a Palermo fu inventato nientemeno che il conto economico e il principio di competenza, oggi alla base della Ragioneria mondiale.
Il testo ebbe un successo straordinario per i tempi. A Palermo nacque quella che lo storico Yamey chiamò la “Accounting School of Palermo”, una tradizione di studi che da allora arriva praticamente ai giorni nostri. Ma soprattutto il testo fu ristampato nel 1677 a Roma, già morto il Flori, ed esteso come manuale a tutte le province gesuitiche del mondo, Paraguay incluso. La potenza dell’ordine fece il resto: il principio divenne patrimonio culturale mondiale.
Il testo è interessante anche perché descrive involontariamente la vita economica della Sicilia del XVII secolo. Ed è diviso in due volumi: il Trattato vero e proprio, o “Instruttione”, e un esempio pratico di svolgimento integrale, il cd. “Essemplare”.
Per addetti ai lavori, ma fino a un certo punto.
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Qui il testo dell’Istruzione, o Trattato propriamente detto: Trattato italiano
Qui il testo dell’Esemplare, cioè del modello di Giornale e Mastro completamente sviluppati, con un’Appendice sul Libro dei Capitali, per le immobilizzazioni: Essemplare italiano
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