Riforma fiscale e Sicilia: quanto ci costa?
(immagine tratta da quotidiano.net)
Com’è noto il Governo Meloni si avvicina lentamente alla flat tax. Si passa da 4 a 3 scaglioni. In pratica la fascia di reddito che va dai 15 ai 28 mila euro (che interessa praticamente tutti i contribuenti) passa dal 25 al 23 %. Insomma una defiscalizzazione, che dà respiro al sistema.
In sé un provvedimento da salutare con favore. In un mondo ideale potrebbe essere ancor più bassa, ma il passo avanti c’è.
Soltanto mi chiedo un paio di cose. Primo: visto che abbiamo introdotto il pareggio in bilancio nel 2011, non è possibile fare politiche a debito, sperando che lo stimolo all’economia ripaghi nel medio termine del sacrificio fatto. No, l’Europa non vuole e non lo permette. Se togli da una parte, devi aggiungere da un’altra. Quindi, mi chiedo, da dove ha preso questi soldi la Meloni? Oltretutto ha appena siglato un patto di stabilità che, sì, si eserciterà fra tre anni, quando magari lei non ci sarà più, ma il patto è siglato. E quel patto (secondo me irrealizzabile) prevede tagli annuali di circa 20 miliardi di euro, per almeno 4 anni. In pratica l’intero bilancio della Regione Siciliana.
Allora, riepiloghiamo, i soldi non ci sono, ma facciamo diminuire le entrate. Il trucco da qualche parte dovrà esserci. O, a sorpresa, l’anno prossimo aumentano qualche altra imposta (l’IVA?) e alla fine c’è chi ci guadagna, c’è chi ci perde e non si capisce più niente. O tagliano, con l’accetta, qualche voce di spesa (le pensioni?), in modo che ci sia una categoria specifica di cittadini che pagherà il conto. Oppure, che è la cosa più probabile, intanto fanno debito, e fra tre anni si vedrà. Vedremo.
Ma, in questo articolo, voglio affrontare un tema più specifico. Quando il governo tocca l’IRPEF, infatti, va ad incidere sulla principale voce di gettito per le Regioni a statuto speciale, le quali vivono non di trasferimenti erariali, come pensa il “volgo”, ma di altissime compartecipazioni e devoluzioni di tributi locali, in primo luogo l’IRPEF.
Ho chiesto un po’ in giro: “ma lo Stato, in fondo, ha mille strumenti per difendersi dalla mancata entrata, vuoi vedere che la Sicilia subisce un taglio netto e le misure compensative se le prende solo lo Stato?”. Gli “esperti” mi hanno risposto: “tranquillo, non ci sono effetti finanziari per la Regione”.
Uhmm, vediamo.
Vengo a sapere (non dai giornali, che si occupano di altro, ma da mie fonti) che ai primi di dicembre lo Stato convoca le Regioni a statuto speciale, per attribuire loro le risorse compensative di questa defiscalizzazione. Aah! Allora l’effetto c’è, solo che (forse) lo Stato questa volta lo neutralizza. Lasciamo perdere le altre quattro, che evidentemente hanno avvocati bravi. Alla Sicilia vengono attribuite compensativamente, se non mi hanno dato numeri errati, 70 milioni l’anno!
Ora, cari 24 amici che mi seguite, va bene che per voi e per me 70 milioni di euro cambierebbero la nostra vita, ma qua si sta parlando di conti pubblici, vediamo che significa.
Vado a spanne, non ho strumenti o tempo per una dettagliatissima analisi econometrica. So che le entrate Irpef della Regione navigano sui circa 7 miliardi di euro l’anno; 7 miliardi con cui i Siciliani ci fanno quasi tutto, anche perché molti servizi lo Stato li ha abbandonati e accollati al governo coloniale (ops, scusate, volevo dire regionale). So anche che l’IRPEF concessa alla Regione (e da questa condivisa poi con gli enti locali, a mezzo trasferimenti) naviga sul 61% delle dichiarazioni dei redditi dei residenti in Sicilia; il resto va allo Stato. Quindi, diciamo, circa il 60%. Se 7 miliardi sono circa il 60%, quanto sarà il 100%? Siamo circa a 11,475. Quindi, quanto vale l’abbassamento di due punti percentuali di IRPEF (di cui beneficiamo tutti, essendo sulle aliquote più basse)? Anche lì, vado molto a spanne. Se l’aliquota media fosse del 30% (è meno credo), saremmo a 765 milioni. Voglio essere prudente, facciamo 750 milioni. Di questi la Sicilia (come Regione e Comuni) ci perde il 61%, cioè 457 milioni e rotti.
Ma a fronte di questa perdita secca di 450 milioni, riceviamo un bonus di 70. A scuola elementare mi hanno insegnato che 450 – 70 = 380 milioni. Ora, togliere 380 milioni dalla spesa pubblica in Sicilia, dopo tutti gli altri scippi del Governo Meloni, non è proprio una mossa nella direzione della “coesione economica e sociale” del Paese.
Ho chiesto sempre agli “esperti”, riportando questi miei calcoli, com’è che c’è tutta questa differenza. La risposta è stata “lo Stato questi aveva, non è che poteva inventarsi risorse che non ci sono”. E quindi? Quindi niente, cari amici, abituatevi ad avere servizi ancora un po’ più fatiscenti, ospedali con reparti sempre più vuoti o rarefatti, un po’ più di immondizia per le strade etc. Se i soldi non ci sono non ci sono. E se lo Stato taglia risorse alla Regione, lasciandole tutte le funzioni, la soluzione non può che essere la solita: tagli, tagli, tagli. Altro che Milei in Argentina. Noi siamo più avanti.
Un pensierino di fine anno voglio rivolgerlo al legislatore siciliano, sperando che non ci legga la Corte dei Conti. Ma, scusate, voi avete appena approvato un bilancio preventivo 2024-26 in cui erano previste entrate con le vecchie aliquote. Ora lo Stato vi ha ridotto le entrate, quindi il bilancio che avete appena approvato e che dovrebbe servire per la gestione del 2024 è falso perché alle uscite non corrispondono più le relative entrate, o no? Beh, fate finta che non abbia scritto nulla.
Certe volte penso che se Erdogan invadesse la Sicilia e l’annettesse alla Turchia non sarebbe poi così male: chiù scuru ‘i menzannotti….
Ah, a proposito, Auguri di buon 2024!
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