Terna investe sulla Sicilia… ci riguarda?
Due parole su quello che sta avvenendo. Secche, quasi senza commento.
Che cos’è Terna?
Terna è la società a totale controllo pubblico che è proprietaria e gestisce il demanio elettrico delle linee di corrente ad alta tensione, in pratica la “Trasmissione” di energia elettrica, a metà tra la “Produzione” e la “Distribuzione”.
Che sta facendo Terna?
Sta facendo un grande investimento sulla Rete siciliana, circa il 20% di tutto l’investimento programmato nel quinquennio, per una cifra complessiva di 1,7 miliardi.
È un regalo dell’Italia alla Sicilia questo investimento?
No, è solo una piccola parte del dovuto. Il Fondo di Solidarietà Nazionale, di fatto mai più erogato dal 1990, comporterebbe una somma annua di investimenti pari a circa 4,5 miliardi sul nostro territorio.
Se facciamo 1,7/5 sono circa 340 milioni di euro l’anno. Un investimento importante, molto importante, per l’ammodernamento della nostra rete, ma niente di straordinario o non dovuto. Una parte di quello che ci spetta.
Che vantaggi ne trae la Sicilia in termini di gettito tributario?
Nulla, Terna opera in Sicilia, e gestisce il nostro demanio elettrico, ma la sede legale non è nell’Isola. Così, violando il 1° comma dell’art. 37 dello Statuto siciliano, tutti i profitti che la stessa genera in Sicilia, vanno all’erario e non alla Regione, e quindi a Comuni e Cittadini di Sicilia, contribuendo a una frode, a nostro danno, che va avanti almeno dal 1973, anno in cui è stata istituita l’IRPEG, antenata dell’attuale IRES.
Che vantaggi ne trae la Sicilia in termini di profitto, di risultato economico?
Nulla, il profitto è tutto di Terna, che appartiene all’erario, e quindi il ritorno di questo investimento andrà tutto nelle casse statali. In quelle siciliane non entrerà neanche un centesimo.
Non è corretto in fondo? È una società dello Stato, no?
No, non è corretto. L’art. 32 riserva alla Regione tutto il demanio, e quindi anche quello elettrico, a meno che non sia relativo a un “servizio di interesse nazionale” [cioè “statale italiano” nella terminologia statutaria]. La rete elettrica siciliana, tranne gli elettrodotti sullo Stretto di Messina, e quelli che sono interconnessi con le Isole Maltesi, serve esclusivamente una utenza siciliana. Essa è quindi, inequivocabilmente, relativa ad “interessi regionali” [cioè “nazionali siciliani” nella terminologia statutaria]. La presenza di Terna in Sicilia è, in un certo senso, abusiva.
Quale sarebbe allora una condizione legittima?
Quella in cui Terna spa faccia una “scissione aziendale”, attribuendo patrimonio, contratti e dipendenti residenti in Sicilia a una società di nuova costituzione, una sorta di “Terna Sicilia”, le cui azioni dovrebberro essere devolute integralmente alla Regione Siciliana. In tal modo, come corretto, profitti e tributi sulla stessa resterebbero in Sicilia. Oggi, invece, su una nostra infrastruttura, noi paghiamo un tributo coloniale all’Italia, uno dei tanti. Non sono a conoscenza di studi accurati per determinare la quota di utile da attribuire alla Sicilia rispetto al totale degli utili di Terna, ma certo è che questa porzione di utile è acquisita dall’Italia in spregio dei nostri diritti. Comunque non sarebbe uno scandalo se in questa società Terna mantenesse una quota di collegamento (ad esempio un 15%), con diritto di nomina di un consigliere di amministrazione, e nella prospettiva dell’integrazione funzionale tra la rete siciliana e quella italiana, ma non oltre questo, almeno in un regime di Autonomia.
Avremo un ritorno in termini di infrastrutture almeno.
Questo è vero, ma solo in parte. Per la parte in cui è vero, non è – come detto sopra – un regalo, ma un diritto sancito dall’art. 38, e potrà contribuire allo sviluppo economico del nostro territorio, e di questo possiamo ringraziare Terna, sia pure in presenza di una rete fatiscente, fatta ancora di vecchi cavi aerei, in cui non si potevano più dilazionare taluni interventi. E tuttavia solo una parte degli investimenti sono relativi alla rete siciliana interna. Altri investimenti sono relativi a nuovi collegamenti di rete con la Campania, la Sardegna e la Tunisia. Questi, a onor del vero, rientrano nella previsione dell’interesse “nazionale” dell’art. 32 dello Statuto, e, almeno finché si parla di Autonomia e non di Indipendenza, non possono essere attratti alla competenza “regionale”. Ma anche su questi si deve vigilare. La maggiore facilità di scambi di elettricità tra Sicilia e altre regioni è un fattore di progresso, che non va ostacolato. Ma va verificato attentamente se questo porta ad un minore o maggiore costo dell’energia per la nostra Terra. Già in passato si è verificato che la Sicilia, pur essendo esportatrice netta di energia, ha subito un costo maggiore rispetto al Continente. Ma questo discorso ci porterebbe lontano. Oggi non parliamo di prezzi di energia, ma solo di titolarità della “trasmissione” e del “demanio elettrico”. Una battaglia da scrivere nella nostra ideale agenda per non dimenticarci mai di quali sono i nostri diritti.
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